Qual è l’età giusta per essere nostalgici?

Imbattendosi nel sottobosco dei meme che ciclicamente diventano di tendenza, ce n’è uno che potrebbe essere assurto a emblema della nostalgia che i millennial (questa categorizzazione della mia generazione mi sta venendo un po’ a noia, però dire “la mia generazione” mi sa troppo autoreferenziale; peggio ancora usare “i giovani”, visto che mi sembra egualmente grave sentirmene o non sentirmene parte) provano per il loro, recentissimo, passato.

Il meme di Gohan con gli occhiali da sole ha anche numerossime varianti con altri significati, e questa con le lenti che riflettono alcuni momenti/situazioni dei primi anni duemila (anni in cui i giovani-adulti odierni iniziavano la loro adolescenza) si trova principalmente in pagine italiane. Tuttavia, quello che fa ipotizzare che questa tendenza nostalgica superi ogni confine e nazionalità è il fatto che c’è altro materiale online che trasmette lo stesso sentimento.

Per esempio, YouTube offre intere playlist dal titolo “Bro wake up its [anno]”, probabilmente di matrice anglosassone, che sono soprattutto compilation di videogiochi dell’epoca, una nicchia che gli amanti del genere usano per scandire il tempo. Quello in alto in effetti ha per protagonista un personaggio videoludico (è il G-Man di Half Life) e l’impatto inziale è abbastanza nonsense, ma comunque si presta bene a dare un messaggio universale: un uomo, sorridente, tiene un palloncino in mano con una didascalia accanto che ci intima di svegliarci, perché è il 2006. Quello che colpisce è sia il concetto di “risveglio”, come se il presente fosse un brutto incubo, e che sia dato per scontato che il 2006, anno che è lecito immaginarsi sia stato preso a caso ma plausibilmente rientrante in un’idea di quiete che trasmettono i primi anni duemila, fosse stato un anno bello per tutti.

Se ogni generazione innegabilmente trova conforto nel passato – banalmente perché si ricorda la propria giovinezza – viene però da chiedersi se per i millennial non sia un po’ presto essere nostalgici ancor prima di aver compiuto i 30 anni. Gli elementi da considerare sono forse due: 1) le cose cambiano più velocemente rispetto al passato 2) si diventa adulti (o magari lo si accetta) più tardi.

Se per il punto 1 il discorso vien da sé (c’è stato davvero un salto d’epoca il cui spartiacque possiamo approssimativamente far coincidere col 2008 – forse l’anno in cui davvero iniziò il nuovo millennio – dopo il quale tutto è andato velocissimo. Alcuni esempi sconnessi: le Olimpiadi a Pechino del 2008, la crisi finanziaria del 2007, il boom di iscrizioni in Italia a Facebok del 2008, l’avvento degli smartphone con l’iPhone del 2007, Obama vince le elezioni nel 2008, la Juventus in Serie B nel 2006), per il punto 2 l’argomento si basa più sull’impressione: d’altronde, come si calcola l’indice di maturità di una generazione? Quindi, premesso che la metodologia usabile è discutibile, una semplice affermazione può riassumere il tutto: nessuno ci aveva detto che essere adulti avrebbe fatto così schifo.

Sarebbe interessante riflettere sull’impatto che avrà questo approccio sul futuro di questa generazione e di conseguenza sulle sorti della società. Sarà meglio per tutti non prendersi troppo sul serio e continuare a fare meme fino alla vecchiaia, o la nostalgia precoce di quando eravamo ancora più giovani renderà tutti perennemente infantili?

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